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Spese di trasferta tracciabili non sempre possibili all’estero

Cobalt

Spese di trasferta

Imprese in cerca di certezze sull’obbligo di utilizzo di sistemi di pagamento tracciabili per le spese di trasferta, a eccezione di quelle per viaggio e trasporto effettuati mediante autoservizi pubblici di linea: le novità introdotte dall’articolo 1, commi 81-83, della legge 207/2024 possono creare conseguenze di non facile gestione se non vi saranno rapide risposte ai numerosi quesiti, che dovranno essere risolti con sapienza tecnica e spirito pratico. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, si deve rimarcare che l’obbligo di utilizzo del pagamento tracciabile è aggiuntivo, e non sostitutivo, dell’obbligo di documentazione della spesa. Come spiegato nella relazione tecnica, l’obbligo è finalizzato a creare un contrasto di interessi tra domanda e offerta per ostacolare il possibile fenomeno evasivo derivante dai pagamenti in contanti su determinate spese, con focus, pare di capire, in Italia. Gli effetti fiscali e finanziari della mancata tracciabilità delle spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto sono i seguenti (articolo 1, comma 81, della legge 207/2024): imponibilità Irpef del rimborso in capo al dipendente (articolo 51, comma 5 del Tuir); indeducibilità Irpef per i lavoratori autonomi (articolo 54, nuovo comma 6-ter che, a seguito delle nuove norme sul lavoro autonomo inserite dal Dlgs 192/2024 dovrebbe leggersi come articolo 54-septies); indeducibilità Ires e Irap del costo per la società (articolo 95, nuovo comma 3-bis del Tuir), compresi anche i costi rimborsati ai lavoratori autonomi. Ognuno di questi punti genera un problema gestionale, che commentiamo in concreto dal punto di vista delle policy delle imprese, inclusi gli aspetti relativi alla sostituzione d’imposta. In merito all’imponibilità Irpef per il dipendente, si evidenzia che in taluni casi si colpiscono situazioni di oggettiva impossibilità di utilizzo dei pagamenti tracciati, con pesanti ricadute per le imprese, che per non penalizzare a loro volta i dipendenti si vedono (o potrebbero essere) costrette a “lordizzare” gli importi rimborsati, rilevando in tale modo un incremento del costo del lavoro, percentualmente rilevante; ove ciò si verificasse, sarebbe ragionevole ritenere deducibile l’importo lordizzato come costo del lavoro contabilizzato nella voce B9 del conto economico, perdendo la natura di rimborso per trasferta; il punto merita di essere chiarito. Ci si riferisce, in particolare, ai casi di trasferte in Stati con scarsa (se non nulla) diffusione/utilizzo dei mezzi di pagamento tracciati sulle spese di trasporto (a mero titolo di esempio, India con i tuk-tuk); in questi casi, di tutta evidenza, non può verificarsi il fenomeno evasivo che si intende colpire. Per evitare un’eccessiva penalizzazione delle imprese, derivanti anche dagli effetti di “trascinamento” della lordizzazione su altri istituti (contribuzione, Tfr) si propone di circoscrivere l’obbligo alle spese sostenute nell’ambito Ue oppure dei Paesi più evoluti nell’utilizzo degli strumenti di pagamento tracciabili (ad esempio, Usa). Si ricorda che, come indicato nella norma, la tracciabilità è garantita: in caso di effettuazione del pagamento con versamento bancario o postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del Dlgs 9 luglio 1997, n. 241 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari); si ritiene che tale indicazione sia esplicativa e non esaustiva (si veda la risposta dell’agenzia delle Entrate 230 del 2020) e che gli altri mezzi di pagamento siano tutti quelli che «garantiscano la tracciabilità e l’identificazione del suo autore al fine di permettere efficaci controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria» (risoluzione 108/E del 3 dicembre 2014). Si ritiene peraltro che la tracciabilità sia garantita anche in caso di pagamento del pedaggio autostradale tramite Telepass o simili. Merita ricordare che, una volta superata la “tagliola” del pagamento tracciato ove previsto, restano immutate le previgenti regole del Tuir (articoli 51, 54 e 95) in tema di trasferte. Si ritiene quindi che non sia necessario l’utilizzo di pagamenti tracciabili in caso di rimborso analitico delle spese per trasferte fuori del territorio comunale, relativamente a quanto previsto dal terzo periodo del comma 5 dell’articolo 51, secondo cui non concorrono a formare il reddito i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, sostenute dal dipendente, fino all’importo massimo giornaliero di 15,49 euro, elevato a 25,82 per le trasferte all’estero; non essendoci necessità di documentazione per logica conseguenza non dovrebbe esistere necessità di tracciabilità.


Fonte: Il Sole 24 Ore

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