Ok alla cessione di quote rivalutate alla controllata
- Cobalt
- 20 ott
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Non costituisce abuso del diritto cedere una partecipazione, preventivamente rivalutata, a una società controllata dal cedente in quanto il risparmio di imposte ottenuto non è indebito né tanto meno illecito. Lo afferma la Corte di giustizia tributaria di Grosseto, che cita, a sostegno della legittimità della operazione, le indicazioni dell’atto di indirizzo del ministero dell’Economia del 27 febbraio 2025 . Nel caso esaminato, sussistevano inoltre valide ragioni extrafiscali riguardanti il cambio di governance della partecipata, tali da escludere l’esistenza di un’operazione circolare. La sentenza 139/2/2025 della Cgt Grosseto è, a quanto consta, una delle primissime a prendere in considerazione, nella decisione riguardante un accertamento anti-abuso, l’atto di indirizzo del Mef sull’ articolo 10-bis della legge 212/2000 . L’operazione contestata dal fisco era costituita dalla cessione, da una persona fisica (Tizio) a una sua holding controllata al 100% (Alfa), di una partecipazione (50% della società Beta) preventivamente rivalutata in forza del Dl 282/2022 con pagamento dell’imposta sostitutiva. Alfa pagava in tre rate annuali il prezzo di acquisto della partecipazione (corrispondente al valore rivalutato) e Tizio evidenziava la cessione nel quadro RT dei diversi modelli indicando una plusvalenza pari a zero. L’agenzia delle Entrate rettificava le dichiarazioni di Tizio considerando la operazione come un leverage cash back abusivo e riqualificando la cessione delle quote nell’incasso di dividendi. Il contribuente, con una apposita memoria, richiamava, a supporto della non elusività della operazione realizzata, l’atto di indirizzo del Mef sull’abuso, sostenendo che la rivalutazione delle quote seguita dalla cessione delle stesse a una società partecipata dal cedente ricade in una delle esemplificazioni di operazioni non abusive riportate nel documento ministeriale. Ci si riferisce in particolare a quel passaggio dell’atto di indirizzo in cui il Mef cita il comportamento che il contribuente adotta, rispettando lettera e ratio delle norme, in vista di un futuro vantaggio tributario, come avviene in caso di rivalutazione delle partecipazioni. Secondo il ministero, dato che la disciplina della rivalutazione non pone obblighi particolari con riguardo alla successiva cessione delle partecipazioni, l’importo affrancato potrà legittimamente abbattere le plusvalenze, non solo nella vendita a soggetti terzi rispetto al cedente, ma anche in caso di cessione a favore di altri soci (recesso atipico), fermo restando il limite delle operazioni meramente circolari. L’operazione non configura pertanto abuso del diritto. La Corte toscana, condividendo la tesi del contribuente, ha ritenuto che il richiamato passaggio dell’atto ministeriale sia perfettamente aderente al caso sottoposto al suo giudizio, dovendosi escludere, anche solo per tale motivo, la fondatezza della tesi dell’Ufficio. Pur in presenza, ad avviso della Cgt, di una operazione che ha generato un risparmio fiscale non indebito (elemento che, di per sé, esclude l’abuso, senza necessità di ulteriori dimostrazioni), la sentenza valorizza le ragioni extrafiscali addotte dal contribuente, che consistono nella modifica dei complessi assetti di governance della società partecipata finalizzati anche ad evitare uno stallo decisionale. Ragioni che, conclude la Corte di giustizia tributaria di Grosseto, fanno ritenere che l’operazione non era caratterizzata da «circolarità» come richiesto nell’atto di indirizzo.




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