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Immagine del redattoreFrancesco Arlotta

Nel decreto sulle sanzioni non convince l’esclusione del favor rei

Aggiornamento: 5 apr

Ravvedimento e cumulo giuridico senza favor rei, alla pari di quanto si prevede per la generalità delle modifiche annunciate nello schema di Dlgs attuativo della riforma delle sanzioni amministrative. In proposito, si ricorda che nella prima stesura ravvedimento e cumulo erano gli unici due istituti innovati dalla riforma ai quali si sarebbe applicata la disciplina del favor. L’intento era verosimilmente quello di consentire di regolarizzare con il cumulo giuridico anche violazioni commesse prima dell’entrata in vigore della stessa riforma. Il testo trasmesso alle Camere, invece, elimina tale disparità e accomuna tutte le novità, rendendole applicabili solo a decorrere dalle violazioni commesse dal 30 aprile prossimo. La relazione illustrativa alla bozza di decreto collega la previsione all’efficacia delle disposizioni dei nuovi istituti del rapporto tributario, da intendersi, in particolare, accertamento con adesione e contraddittorio preventivo, considerata la loro entrata in vigore (perlomeno l’accertamento con adesione) a partire dagli «atti emessi dal 30 aprile». Stante la indeterminatezza di tale ultima locuzione, dovrebbe ritenersi che nella nozione di “atto” possano rientrare anche i Pvc, con riferimento alla definizione agevolata con pagamento delle sanzioni ridotte a 1/6, e la comunicazione dello schema di atto, con riguardo alla procedura istruttoria del contraddittorio preventivo. Dalla lettura della relazione sembra quindi di capire che la ragione della deroga al favor sia in qualche modo giustificata dal fatto che, per effetto della riforma dei nuovi istituti dell’accertamento, non sussista più quella continuità normativa che legittimerebbe l’applicazione delle nuove sanzioni alle violazioni pregresse. Le argomentazioni proposte non appaiono tuttavia convincenti, almeno per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, è agevole riscontrare che la nuova disciplina del contraddittorio preventivo, calata all’interno dell’accertamento con adesione, trova ingresso, certo, dal 30 aprile ma anche con riferimento a violazioni commesse prima di tale data. Detto in altri termini, non è corretto affermare che il nuovo assetto di compliance, come disegnato nella modifica apportata al Dlgs 218/1997, è rivolto solo ai comportamenti futuri dei contribuenti. Va inoltre rilevato che una delle ragioni principali che hanno indotto il legislatore a rivedere al ribasso l’entità edittale delle sanzioni è l’esigenza di renderle maggiormente rispondenti al principio di proporzionalità. Ma se le vecchie sanzioni sono sproporzionate e le nuove non lo sono e considerato che la proporzionalità deriva dall’ordinamento unionale, è davvero difficile giustificare l’irretroattività delle innovazioni. Da un lato si ammette che le penalità sono eccessive e vanno mitigate, dall’altro però si deroga all’effetto naturale di tale modifiche, che dovrebbero operare anche per il passato. La verità è che l’unica continuità normativa che rileva ai fini del favor è quella della struttura dell’illecito: se questo è rimasto lo stesso (si pensi all’infedeltà della dichiarazione), non ci può essere deroga alla retroattività della riforma. Non convince neppure la parte della relazione in cui si afferma che le sanzioni amministrative tributarie non hanno natura sostanzialmente penale, con l’effetto che il favor non avrebbe copertura costituzionale. Si tratta di una argomentazione che appare del tutto superata dall’evoluzione della giurisprudenza della Cedu che già da tempo ha riconosciuto qualifica penale alle sanzioni predette, in ragione della loro natura innegabilmente afflittiva. Ecco quindi che l’unica motivazione effettiva che viene rappresentata alla fine della relazione è quella del canone del pareggio di bilancio, di cui all’art. 81 della Costituzione. Si tratta di un argomento delicato che richiederà, prima o poi, un chiarimento della Consulta che dovrà stabilire con precisione i contro limiti di tale criterio, non essendo ammissibile che in nome delle esigenze di bilancio si possa violare qualunque altro principio costituzionale.

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