Esclusi dal nuovo contraddittorio preventivo gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta inesistenti, gli atti per i quali sussistono specifiche forme di interlocuzione preliminare con il contribuente e i provvedimenti di diniego di rimborso. A pochi giorni dal debutto delle nuove regole sull’applicazione dell’articolo 6-bis dello Statuto dei diritti del contribuente e dell’accertamento con adesione si registra il secondo intervento legislativo correttivo – dopo quello del Dl 39/2024 –, questa volta sotto forma di emendamento del relatore (Giorgio Salvitti, senatore di Fdi), come interpretazione autentica, alla legge di conversione del medesimo decreto 39.
Ambito ristretto con tre mosse
Va innanzitutto evidenziata l’indicazione secondo cui il nuovo contraddittorio preventivo trova applicazione unicamente per gli atti recanti «una pretesa impositiva». Si tratta di una precisazione che mette in dubbio l’efficacia della riforma con riferimento a una molteplicità di atti che, pur determinando un potenziale pregiudizio per il contribuente, non si traducono in una precisa pretesa tributaria. Si pensi, ad esempio, al diniego della qualifica di Onlus o all’atto di attribuzione della rendita catastale che non contengono una pretesa impositiva.
La previsione in esame inoltre estromette in via generalizzata dal diritto al confronto preventivo gli avvisi di recupero dei crediti inesistenti. Anche questa scelta appare senz’altro discutibile, atteso che, ancor più alla luce dello schema di decreto attuativo della riforma delle sanzioni, la stessa distinzione tra credito non spettante e credito inesistente non è affatto agevole da tracciare. Allo stato attuale, la categoria dei crediti inesistenti è sostanzialmente popolata dalle ipotesi di frode – documentazione falsa. Nel testo attualmente all’esame delle Camere, il riferimento, più sfumato, è al difetto di un elemento costitutivo del diritto al credito. In ogni caso, anche ipotizzando modifiche allo schema di decreto suddetto, non si vede l’utilità di escludere una interlocuzione preliminare con il contribuente, considerate la delicatezza e la complessità della materia in questione. L’estromissione pregiudiziale della stessa non appare, dunque, né condivisibile né coerente con i principi della riforma fiscale.
L’altra novità riguarda l’esclusione del diniego di rimborso «in funzione anche del relativo valore». Non è chiaro il significato esatto della disposizione: si intende escludere la totalità dei provvedimenti di diniego o solo quelli che sono al di sotto o al di sopra di una soglia quantitativa? Da ultimo, viene stabilito che il nuovo istituto non trova applicazione in tutte le ipotesi in cui siano già previste delle forme specifiche di interlocuzione con il contribuente, come accade ad esempio nell’abuso del diritto o negli atti di contestazione, di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 472/1997.
I dubbi sulla ragionevolezza
Si rileva comunque l’estrema disinvoltura con cui l’attuale legislatore tributario utilizza lo strumento della norma di interpretazione autentica. Si ricorderà, ad esempio, l’intervento abbastanza recente dell’articolo 21 del Dl 34/2023 con il quale è stato delimitato l’ambito di applicazione del ravvedimento speciale (facendolo collimare con il pensiero delle Entrate).
Occorre rilevare che l’interpretazione autentica, pur non risultando costituzionalizzata, deve risultare ragionevolmente giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Quindi, la norma di interpretazione autentica può essere adottata non solo per ovviare a una situazione di grave incertezza normativa o a forti contrasti giurisprudenziali oppure per contrastare un orientamento giurisprudenziale sfavorevole (seppure nell’ambito della latitudine della norma interpretata). Ma, in generale, deve tenere conto del canone della ragionevolezza.
Nel caso di specie (escludendo, considerata la novità, contrasti od orientamenti giurisprudenziali sfavorevoli) non risultano ravvisabili profili di ragionevolezza né motivi di interesse generale per attribuire alla disposizione in argomento “patente” di norma di interpretazione autentica. Si tratta più che altro di una modalità per circoscrivere a favore delle ragioni erariali l’ambito di applicazione del nuovo contraddittorio.
COME DIVENTA LA NORMA | La regola generale La norma sul contraddittorio preventivo si applica esclusivamente agli atti recanti una pretesa impositiva, autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria, ma non a quelli per i quali la normativa prevede specifiche forme di interlocuzione tra amministrazione finanziaria e contribuente né agli atti di recupero conseguenti al disconoscimento di crediti di imposta inesistenti La nuova esclusione Tra gli atti per i quali non sussiste il diritto al contraddittorio, da individuare con decreto del ministro dell’Economia e delle. finanze, rientrano adesso anche quelli di diniego di istanze di rimborso, in funzione anche del relativo valore |
Fonte: Il Sole 24 Ore
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