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Concordato biennale al test delle soglie di decadenza


Stretta di mano per accordo tra due parti

Uno dei motivi che potrebbe scoraggiare l’opzione per il concordato preventivo biennale è una specifica causa di decadenza prevista dall’articolo 22 del Dlgs 13/2024: il concordato cessa di produrre effetto per entrambi i suoi periodi di imposta nel caso in cui, a seguito di modifica o integrazione della dichiarazione dei redditi, i dati e le informazioni dichiarate dal contribuente determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto a quelli in base ai quali è avvenuta l’accettazione della proposta di concordato. In questo caso non sono previste soglie al di sotto delle quali la fattispecie non assume rilevanza, a differenza, ad esempio, di un’altra causa di decadenza, che prevede la cessazione degli effetti del concordato preventivo biennale a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, dal quale risulti l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati.


Errori minimi 

È evidente l’ingiusta disparità di trattamento: se, infatti, l’errore da correggere fosse “minimo”, ovvero di importo inferiore al 30% dei ricavi dichiarati, il contribuente non avrebbe alcun interesse a sanare la propria situazione, in quanto ciò comporterebbe la decadenza dal concordato, essendo paradossalmente indotto ad attendere eventuali accertamenti. Tra l’altro, la specifica ipotesi di decadenza connessa alla presentazione di una dichiarazione integrativa per l’anno “di riferimento” del concordato (ovvero il 2023, per il biennio 2024-2025) non ammette nemmeno ipotesi di ravvedimento. Va infatti ricordato che, in base al comma 3 del citato articolo 22, alcune specifiche violazioni non rilevano ai fini della decadenza se il contribuente provvede a regolarizzarle mediante ravvedimento, purché ovviamente la violazione non sia già stata contestata o, comunque, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento. Quindi, ad esempio, se è vero che costituisce causa di decadenza anche la comunicazione inesatta o incompleta dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli Isa, in misura tale da determinare un minor reddito o valore netto della produzione oggetto del concordato per un importo superiore al 30%, è altrettanto vero che il contribuente può comunque sanare la propria posizione ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso. Quest’ultima opzione, però, come detto, non può trovare applicazione nel caso di presentazione di una dichiarazione integrativa: anche questa differenza appare poco giustificabile.


Dati non corrispondenti 

Un’altra previsione che rende la compilazione del modello dichiarativo di quest’anno particolarmente “rischiosa” riguarda un’altra causa di disapplicazione, sempre richiamata dall’articolo 22, secondo la quale il concordato cessa di produrre effetto se sono indicati nella dichiarazione dei redditi dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato. Anche in questo caso non opera la soglia del 30%, ragion per cui anche minimi scostamenti possono avere effetti rilevanti, e non è prevista la possibilità di ricorrere alla sanatoria mediante ravvedimento.


Altre cause di decadenza

Oltre a quelle appena citate, ci sono poi altre cause di decadenza: omesso versamento delle somme dovute in costanza di concordato a seguito del controllo automatizzato ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973; sussistenza di una delle cause di esclusione previste dall’articolo 11, oppure il venir meno dei requisiti di cui all’articolo 10, comma 2; contestazione di violazioni che integrano fattispecie di reato di cui al Dlgs 74/2000, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato e ai tre precedenti; alcune specifiche violazioni, relative agli anni oggetto del concordato.


Fonte: Il Sole 24 Ore

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