top of page
Cobalt

Da annullare gli accertamenti «in proroga»


«in proroga»

Nuove bocciature per gli uffici che hanno emesso accertamenti con la proroga a cascata di 85 giorni e, quindi, notificando gli atti dopo la scadenza ordinaria del 31 dicembre. Per i giudici tributari di primo grado di Siracusa, sentenza 2078/2024, è sbagliato l’operato dell’ufficio, che ha notificato nel 2023 gli accertamenti in scadenza ordinaria il 31 dicembre 2022. Devono essere perciò annullati gli atti notificati, tenendo conto della cosiddetta proroga a cascata di 85 giorni causa Covid, proroga che è applicabile solo per l’anno d’imposta i cui termini scadevano nel 2020, cioè nell’anno della pandemia. La sentenza riguarda un accertamento emesso dalla direzione provinciale di Siracusa, per il 2016, in presenza di dichiarazione dei redditi presentata nei termini, con atto notificato al contribuente il 10 febbraio 2023, cioè dopo la scadenza ordinaria del 31 dicembre 2022. Per i giudici a norma dell’articolo 43 del Dpr 600/1973, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione e quindi, per la dichiarazione relativa all’anno 2016, presentata nel 2017, entro il 31 dicembre 2022. Per i giudici nel caso in esame non trova applicazione la sospensione di 85 giorni dei termini di decadenza e prescrizione relativi all’attività di accertamento fiscale, inizialmente prevista dall’articolo 67 del decreto legge 18/2020 (cosiddetto decreto cura Italia), in quanto detto periodo è ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del decreto legge 34/2020 (cosiddetto decreto Rilancio) che attiene esclusivamente agli accertamenti che scadevano nel 2020, cioè nell’anno del Covid. Deve essere quindi annullato l’accertamento dell’ufficio, notificato il 10 febbraio 2023, essendo stato superato il termine di scadenza del 31 dicembre 2022. In conclusione, i giudici di primo grado di Siracusa accolgono il ricorso del contribuente e annullano l’atto impugnato, condannando l’ufficio al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, che si liquidano in 923 euro. Un’altra recente bocciatura sulla inapplicabilità della proroga a cascata di 85 giorni è arrivata dai giudici di primo grado di Trento, con la sentenza 516/2024, depositata il 25 ottobre 2024. In verità, anche l’agenzia delle Entrate di Roma ha invitato gli uffici a non considerare più la proroga di 85 giorni per gli accertamenti, I chiarimenti dell’agenzia delle Entrate si sono resi necessari a seguito dell’atto di indirizzo del 29 febbraio 2024, a firma del vice ministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo e del capo dipartimento delle Finanze Giovanni Spalletta. Per l’agenzia delle Entrate, gli uffici devono programmare le attività di controllo in modo da attivare e concludere i procedimenti impositivi entro i termini “ordinari” di decadenza, evitando di avvalersi dei differimenti previsti dalla norma vigente. Il guaio è che queste indicazioni sono state fornite dall’agenzia delle Entrate dopo il 10 marzo 2024, cioè dopo che gli uffici, ritenendo di potere beneficiare della proroga di 85 giorni, avevano individuato come termine di scadenza per gli accertamenti, in scadenza ordinaria al 31 dicembre 2023, la data del 25 marzo 2024. In questo modo, però, si alimneta il contenzioso tra Fisco e contribuenti per ora presso le Corti di giustizia di primo grado ma le liti proseguiranno nei gradi ulteriori. Per chiarezza, va anche detto che esistono sentenze favorevoli per il Fisco, con i giudici tributari che ritengono applicabile la proroga di 85 giorni (fra le tante, sentenza della Cgt di primo grado di Messina, 4647/2024, depositata il 16 settembre 2024). Sarebbe pertanto auspicabile un intervento dell’agenzia delle Entrate, direzione centrale di Roma.


Fonte :  Il Sole 24 Ore

9 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page