ABSTRACT
Il decreto legislativo n. 219 del 30 dicembre 2023 ha introdotto all’interno dello “Statuto dei diritti del contribuente”, legge n. 212 del 2000, nuove norme che disciplinano l’autotutela obbligatoria e l’autotutela facoltativa, abrogando, contestualmente, quelle precedenti
COMMENTO
Il decreto legislativo n. 219 del 30 dicembre 2023, emanato in attuazione della legge delega n. 111 del 2023, ha introdotto all’interno dello “Statuto dei diritti del contribuente”, legge n. 212 del 2000, gli articoli 10-quater e 10-quinquies che disciplinano, rispettivamente, l’autotutela obbligatoria e l’autotutela facoltativa. Attraverso la circolare n. 21/E del 7 novembre 2024 l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito ai due nuovi istituti.
Come detto, all’interno dello “Statuto dei diritti del contribuente” sono stati introdotti di due articoli, 10-quater e 10-quinquies che disciplinano l’istituto dell’autotutela obbligatoria e quella facoltativa. Contestualmente, il decreto legislativo n. 219 ha abrogato la previgente disciplina dell’autotutela tributaria che era contenuta nell’articolo 2-quater del decreto-legge n. 564 del 1994 e nel decreto ministeriale n. 37 del 1997
Il decreto legislativo n. 220 del 30 dicembre 2023, che ha riformato la normativa sul contenzioso tributario, ha inserito all’interno dell’articolo 19, del decreto legislativo n. 546 del 1992 , le lettere g-bis) e g-ter) al fine di prevedere che il ricorso può essere presentato anche avverso:
il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge n. 212 del 2000;
il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge n. 212 del 2000. In questo caso non è previsto il rifiuto tacito in quanto l’autotutela facoltativa rappresenta un potere esercitabile dall’Amministrazione finanziaria sulla base di valutazioni discrezionali e non uno strumento di protezione del contribuente. Afferma l’Agenzia delle entrate che in caso di autotutela facoltativa «Il privato può sollecitarne l’esercizio, ma questo non trasforma il procedimento ufficioso e discrezionale in un procedimento di parte da concludere con un provvedimento espresso». Il silenzio dell’Amministrazione finanziaria, quindi, in questo caso, non è contestabile davanti al giudice.
Il decreto legislativo n. 87 del 14 giugno 2024, ha introdotto all’interno del decreto legislativo n. 472 del 1997, l’articolo 17-bis che prevede la definizione agevolata delle sanzioni in caso di autotutela parziale.
Articolo 17-bis del decreto legislativo n. 472 del 1997 | Nei casi di annullamento parziale dell'atto il contribuente può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni di cui all'articolo 16 del presente decreto e 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell'atto, purché rinunci al ricorso e l'atto non risulti definitivo. In caso di rinuncia al ricorso le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute |
L’articolo 10-quater della legge n. 212 del 2000, rubricato «Esercizio del potere di autotutela obbligatoria», al comma 1, stabilisce che «L’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi» nelle ipotesi di «manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione» espressamente elencate dalla richiamata disposizione e che si riportano nella tabella che segue.
Casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione: | errore di persona errore di calcolo errore sull’individuazione del tributo errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria errore sul presupposto dell’imposta mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza
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L’articolo 10-quinquies della legge n. 212 del 2000, rubricato «Esercizio del potere di autotutela facoltativa», prevede la facoltà da parte dell’Amministrazione finanziaria di esercitare comunque il potere di autotutela al di fuori de casi di autotutela obbligatoria di cui si è detto appena sopra. Si legge nelle Relazione illustrativa di accompagnamento al decreto legislativo n. 219 del 2023, che nel perimetro applicativo dell’istituto appena citato dell’autotutela facoltativa devono essere ricompresi «anche la sospensione o revoca, esercitabile, anche d’ufficio e in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi, quando ricorrono casi di illegittimità o infondatezza dell’atto o dell’imposizione».
Per quanto riguarda il ricorso avvero il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela obbligatoria, come si è già detto sopra il decreto legislativo n. 220 del 2023, inserendo all’interno dell’articolo 19, del decreto legislativo n. 546 del 1992, le lettere g-bis) e g-ter) ha previsto che il ricorso può essere presentato anche avverso:
il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela obbligatoria nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge n. 212 del 2000;
il rifiuto espresso (e non anche tacito, come si è detto) sull’istanza di autotutela facoltativa nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge n. 212 del 2000.
Il termine per la proposizione del ricorso avverso il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela obbligatoria e facoltativa è quello ordinario fissato dall’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, rubricato «Termine per la proposizione del ricorso », e cioè entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto.
In presenza, invece, di autotutela obbligatoria e di rifiuto tacito, trova applicazione l’articolo 21, comma 2, del citato decreto legislativo n. 546 del 1992, in base al quale il ricorso può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di autotutela.
Evidenzia l’Agenzia delle entrate che il quadro normativo di riferimento è completato dalle disposizioni indicate nella tabella che segue e contenute nella legge n. 212 del 2000, così detto “Statuto dei diritti del contribuente”.
Norme che completano la disciplina dell’autotutela e contenute nella legge n. 212 del 2000
Articolo 7, comma 2, lettera b) | Prevede che gli atti dell’Amministrazione finanziaria devono indicare «l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame, anche nel merito, dell’atto in sede di autotutela» |
Articolo 9-bis | Disciplina il divieto di bis in idem nel procedimento tributario, in base al quale il contribuente può essere sottoposto, per ciascun tributo, una sola volta per ogni periodo di imposta all’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria. Viene, in particolare, stabilito che «Salvo che specifiche disposizioni prevedano diversamente e ferma l'emendabilità di vizi formali e procedurali, il contribuente ha diritto a che l'amministrazione finanziaria eserciti l'azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d'imposta» |
Articolo 10, comma 1 | Prevede che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede |
Visto che sia Corte di Cassazione che Corte Costituzionale avevano specificato, nel corso del tempo e con varie pronunce, che l’autotutela era un istituto che costituisce un potere esercitabile da parte dell’ufficio sulla base di valutazioni largamente discrezionali, e non uno strumento di protezione del contribuente, con l’introduzione dell’autotutela obbligatoria è stato, almeno in parte, superato tale orientamento tant’è che nella Relazione illustrativa di accompagnamento del decreto legislativo n. n. 219 del 2023 si legge che «Com’è noto, la normativa vigente, per come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 18992/2019), prevede che l’esercizio in capo all’amministrazione finanziaria dell’autotutela in campo tributario (sotto forma di annullamento d’ufficio, rinuncia alla imposizione o rimborso di somme non dovute) abbia essenzialmente natura discrezionale. Tale posizione, che risente evidentemente del consolidato orientamento formatosi con riferimento all’analogo istituto esistente in campo amministrativo, non sembra tuttavia tenere in debita considerazione la peculiarità del rapporto tributario che afferisce a diritti soggettivi (e non interessi legittimi) e che trova il suo fondamento nell’articolo 53 della Costituzione, sia in senso positivo (obbligo di pagare le imposte previste dalla legge), sia in senso negativo (divieto di pagare imposte non dovute in base alla legge)».
Evidenzia l’Agenzia delle entrate che, però, i principi e i criteri individuati dalla giurisprudenza con riferimento all’autotutela discrezionale appaiono tuttora applicabili alle ipotesi in cui l’esercizio del potere di autotutela non è obbligatorio ma bensì facoltativo. Nelle ipotesi di cui all’articolo 10-quinquies, della legge n. 212 del 2000, l’Amministrazione finanziaria può, quindi, procedere all’annullamento di atti di imposizione o rinunciare all’imposizione, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza non manifeste dell’atto o dell’imposizione.
Fonte: A cura di Michele Brusaterra, Commercialista & Pubblicista - Esperto del Sole 24 Ore
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